Tema in classe


Galoppa sul cavallo della fantasia un’attenta viaggiatrice degli spazi

La geografia è il mio hobby preferito e sin dall’infanzia i miei sogni erano pieni di razzi saziali, di aerei supersonici, di missili e via dicendo; perciò oggi, dovendo svolgere un componimento che tratta proprio del mio argomento preferito, del mio cosiddetto ‘pallino’, non mi trovo in grandi difficoltà: basta chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare sulle ali della fantasia.
A bordo di un aereo a reazione raggiungo Cape Canaveral, la base di lancio per missili più nota e importante dell’America.
Ecco il razzo a tre stadi che avevo ordinato: è già pronto sulla rampa di lancio e non aspetta altri che me ed i miei aiutanti.
Perciò saliamo a bordo e ci collochiamo nel primo stadio del bolide che ci condurrà su nuovi e sconosciuti mondi, perché gli altri due stadi li perderemo strada facendo.
Ormai tutti i viveri, costituiti da pillole a base di carne o minestra o frutta (a seconda di ciò che ognuno preferisce) e da dolci (poiché ho sentito dire che le sostanze zuccherine danno energia al corpo) sono stati caricati, e non ci resta che dare il segnale di partenza al nostro razzo: dunque ‘VIA!!!’. Naturalmente il capitano, o meglio la capitana della nave spaziale sono io e perciò sono io che piloto e sebbene non mi intenda di balistica, mi reputo già una pilota perfetta o quasi. Anzi, mi proporrò come conducente dei ‘razzi-bus’ che faranno servizio dalla Terra verso la Luna. Ma proprio a proposito di Luna, ecco il nostro satellite naturale.
Qui devo proprio fare una smentita alla notizia che hanno messo in circolazione gli scienziati: cioè che la luna non ha naso, bocca, occhi e che è solo un’illusione ottica perché in verità non sono altro che montagne e crateri.
La luna è fornita veramente di occhi, naso e bocca, e quelle che loro chiamano montagne non sono altro che le rughe di questa cara ‘nonna luna’ che credo debba alla vecchiaia tutte quelle rughe; è oltremodo poetica e adorabile come una cara e buona vecchia, con un eterno sorriso sulle labbra scarne. Ma non bisogna commuoversi, perché la commozione porta al pianto e le lacrime annebbiano gli occhi, perciò si può incorrere nel pericolo di cozzare contro qualche stella e allora, distrutta l’astronave, “non ci resta che raccomandare l’anima a Dio”, frase che vuol dire “si salvi chi può”.
Va bene, va bene: voi dite che abbiamo dei sedili speciali, che ci permettono di atterrare sul pianeta più vicino, ma se atterrassimo sul sole, per esempio, o su Giove, come faremmo a vivere senza aria e senza viveri? A proposito di viveri, è ora di pranzare: su quale pianeta o stella atterriamo? Io proporrei di fare una capatina su Saturno, così potremmo ammirare una notte unica, ricca di satelliti e cerchi luminosi.
Attenzione si atterra! Ssss…! Crach! Siamo atterrati. Dopo aver tagliato l’aria con la punta del razzo, abbiamo toccato qualcosa di duro: Speriamo che non sia successo nulla di grave.
Dopo aver indossato lo scafandro e la tuta apposita, scendo dall’astronave e chiudo subito la sportello: strano, non ricevo nessun rumore; riprovo: nulla. Ancora un po’ strabiliata per la mia nuova scoperta, incomincio a girare intorno al razzo, osservando attentamente ogni suo lato: non riscontro alcuna ammaccatura esterna. No, non è preciso: ecco qui, sotto il motore, una lunga incisione: speriamo non sia nulla di grave. Ritorno nel razzo e cerco di tranquillizzare i miei viaggiatori, ma nemmeno io mi sento sicura: noto la stessa apprensione nei miei aiutanti e, dopo un attimo di esitazione, mi dirigo verso il motore; il danno non è grave, ma nemmeno trascurabile: il serbatoio che conteneva la benzina atomica (poiché il nostro razzo deve atterrare sui vari pianeti e partire senza rampa di lancio è necessario che abbia un nuovo sistema di avviamento, perciò l’ho fornito di combustibile atomico, meno ingombrante e più valido di ogni altro tipo di benzina) è stato squarciato alla base, e se vogliamo visitare ancora qualche membro della grande famiglia dell’Universo, bisognerà provvedere, riparando il danno.
Ecco: con un po’ di materiale atomico è tutto aggiustato! Ora siamo in grado di ripartire, però, per precauzione, sarà meglio non atterrare più su nessun altro pianeta.
Giove! Come è bello! Sembra grande come il Sole, e la Terra, in suo confronto, fa una figura un po’meschina. Giove mi ha veramente impressionata, ma poiché io sono temeraria al cento per cento, decido su due piedi di andare a visitare il Sole, la stella che ci dà luce e calore e che suppongo immensa, in confronto alla terra.
Un grande calore ci annuncia che ci stiamo avvicinando al Sole: è impossibile resistere alle calorie sprigionate dalla grande stella e devo allontanarmi in fretta se non voglio morire arrostita come un pollastrello allo spiedo. Ormai il carburante atomico si sta esaurendo, e poi è ora di ritornare sulla terra.
Finalmente sul nostro pianeta! Nonostante tutto esso è ancora il più bello di tutti, forse perché è il più piccolo e perciò inosservato dagli uomini, che cercano di sapere quello che non forse sapranno mai e non smettono di sognare quello che forse non potranno avere mai; essi non si curano del loro pianeta, che forse è il più trascurato, ma indubbiamente il più prezioso.
Però devo confessare che un altro viaggetto attraverso mondi sconosciuti non mi spiacerebbe, tanto più che non mi costerebbe nulla, all’infuori di un po’ di tempo, dal momento che tutto ciò che desidero lo posso ottenere chiudendo gli occhi e lasciandomi trasportare dalla fantasia, l’amica più fidata che io abbia; un’amica che non mi rifiuta mai nulla e che perciò mi è tanto cara.

Caruggi Ida
I Media – Istituto S.Giuseppe, Milano

sei+ sei-
MENSILE STUDENTESCO DI ATTUALITA’
DEGLI ISTITUTI DELLE SUORE DI IVREA
ANNO IV – N.13 – maggio 1959






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