La mia vita

Una famigliola come tante ha fatto una gita in campagna. Gli adulti siedono all’ombra di un albero, per ripararsi dal sole che ormai è quasi estivo.

La bimba guarda estasiata il piccolo torrente: è allegro, la schiuma bianca la diverte. 

“Acqua!” esclama all’improvviso “Acqua!” 

Gli adulti si zittiscono e si radunano attorno a lei, emozionati e stupiti: è la  sua prima parola. La bimba ride, indicando con la manina il torrentello. “Acqua!”
Non mamma, non papà: mia madre è ancora oggi delusa e al contempo orgogliosa (“hai detto acqua con la q, chiaro e preciso, non acca come dicono solitamente i bambini!”)
Potrebbe bastare questo a farmi dire che sento la natura mia prima famiglia; mi sento di anteporla a quella umana che mi ha generato.

Quando ero bambina mi rifugiavo nella cuccia di Tom ogni volta che mi era possibile. 
Tom era il pastore tedesco dei nonni: anziano e saggio. La sua cuccia  era stata il pollaio del nonno, in un angolo del cortile. 
Quando ero triste, o spaventata dalle discussioni dei grandi, era là che correvo. Strisciavo dentro al grande buco e mi abbracciavo a lui. Spesso non sapevo nemmeno perché ero triste o spaventata, ma il suo calore mi rincuorava. Mi piaceva addormentarmi nel calduccio del suo pelo. Forse sognavamo insieme.

Allora credevo fosse normale percepire le emozioni degli animali e dei fiori. Credevo quindi che tutti lo facessero. A scuola scoprii che non era così. 

La suora maestra mi fece tante domande quella volta.  

Avevo semplicemente svolto il tema che lei ci aveva assegnato (Il mio banco) scrivendo ciò che il banco mi aveva raccontato: per me era naturale. Di cosa altro avrei dovuto parlare? Il banco mi aveva raccontato la sua vita, a cominciare da quando era un albero alto e fiero, insieme a tanti altri, nel bosco. Mi aveva raccontato dei taglialegna, del dolore di essere abbattuto, il trasporto, la segheria…

Quante domande mi fece la suora! Troppe per una bambina di appena otto anni. “Come  ti è venuto in mente di raccontare questa storia? I banchi non parlano: chi ti dice queste cose?” 

Accadde cinquant’anni fa. Ma sarebbe lo stesso anche oggi, ne sono certa. 

Con il trascorrere degli anni l’esperienza mi confermò che dei pensieri e delle emozioni degli esseri di natura non si doveva parlare. Non ne comprendevo il motivo, ma agli adulti non piaceva che io lo facessi.

“Non si dicono le bugie”, mi diceva mia madre, “gli  animali non parlano. Le bugie fanno piangere Gesù”. Volevo  bene a Gesù, e per non arrecargli dolore chiusi a poco a poco quella porta (per me spontanea) di comunicazione. 

Divenni come gli altri mi volevano, ma quella parte di me, dentro, che avevo tentato di zittire per sempre, non ne voleva sapere di morire. Mi ammalai.

Mi sentivo in fondo ad un pozzo buio. Di tanto in tanto alzavo lo sguardo e vedevo uno spicchio di cielo azzurro. 

“Non è questa la vita” mi  dicevo. “So che è possibile essere felici,  ma da sola non ce la faccio. Devo cercare aiuto”.

L’Universo mi ascoltò. L’aiuto giunse. Vestì i panni di uno psicoterapeuta.

Passo dopo passo risalii il pozzo. Anni di fatica e di sofferenza, sempre attratta e sostenuta  da quella certezza: “E’ possibile essere felici, amati.”

Scoprii con stupore che potevo inventare e scrivere le fiabe che nessuno mi aveva narrato.

Scoprii che c’erano persone che chiamavano simboli le immagini che mi erano familiari e che vivevano in me. Queste persone  erano  apprezzate e stimate, scrivevano libri, aiutavano altri a guarire; persone di scienza, rispettate.

Allora anch’io avevo diritto ad esistere, così com’ero!  Dovevo solo trovare un abito con il quale presentarmi al mondo in modo per il mondo accettabile.

Studiai, studiai tanto. Libri su libri: Jung, l’alchimia, gli aborigeni australiani, i nativi americani….  Ero felice ed eccitata: quante persone come me! Non ero più sola e diversa: anch’io avevo una famiglia e come era grande e meravigliosa!

Il maestro tibetano Geshe Tenzin Gompo mi onorò impartendomi gli insegnamenti spirituali sui quali baso tutt’ora la mia vita, il mio apprendimento e il mio lavoro.

L’abito andava creandosi.

Conseguii un diploma in Medicina Psicosomatica presso l’Istituto Riza di Milano e lo aggiunsi alla mia laurea in Lingue e Letterature Straniere  (Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica  di Milano). 

Al biennio di studi di Architettura (Politecnico di Milano) aggiunsi corsi di bioarchitettura e di Feng Shui.

Sperimentai il rapporto creativo con la materia creando oggetti con la creta. 
Dipinsi ad acquarello con il metodo steineriano. 
Familiarizzai con la canalizzazione energetica… 
Frequentai un numero tale di corsi che fatico a ricordarli tutti.
I viaggi mi permisero di conoscere dal vivo persone appartenenti a culture diverse dalla mia. 
I luoghi erano stimolanti; qualche volta ebbi la sensazione di averli già visti. 
La Sfinge e la Piramide di Cheope, ad esempio, mi emozionarono come vecchi amici ritrovati.
In Irlanda, tra le pietre erette, il mio cuore vide scene di tempi lontani delle quali i luoghi mantenevano memoria.

A quarant’anni andai in Perù. Accaddero eventi straordinari. Incontrai un grande maestro di guarigione, che mi spiegò la sua concezione del mondo e della vita. Nella sua capanna, mentre lui parlava, ebbi esperienze inattese, inimmaginabili a priori, per me incomprensibili in quel momento. Ne compresi il significato solo anni dopo, con l’acquisizione di altre conoscenze.

Alle esperienze, ai viaggi, allo studio sui libri aggiunsi le frequentazioni di corsi e di persone specializzate nella relazione non verbale con gli animali: è fondamentale conoscere il loro linguaggio per poter comunicare in modo corretto, evitando il più possibile i malintesi. Noi parliamo sempre di problemi comportamentali degli animali, ma nella maggior parte dei casi all’origine delle situazioni che vogliamo modificare c’è la nostra ignoranza del linguaggio canino, felino…

Frequentai corsi in Italia e all’estero per apprendere, ad esempio, tecniche di tocco efficaci per allentare tensioni fisiche ed emotive,  utili anche per stimolare il cervello a modificare il modo di rispondere  agli stimoli (Tellington Ttouch).

Appresi il linguaggio corporeo dei cani (mutuato da quello dei lupi)  per meglio comprenderli e relazionarmi con loro. Imparai da Turid Rugaas i Calming Signals (segnali di pacificazione).

Sono stata allieva di Nina Bordarenko e ne ho appreso le tecniche (particolarmente interessante il lavoro con i cani di canile).

Anni fa traversai l’oceano e andai in America, dove la capacità di comunicare telepaticamente con gli animali ha ormai centinaia di proseliti; si chiama Animal Communication; in California frequentai i corsi tenuti da Carol Gurney (una delle più prestigiose Animal Communicator nel mondo, ideatrice del metodo 7 steps to Communicating with Animals ®). 

Sulla comunicazione con animali ho avuto anche la possibilità di apprendere le metodologie della psicologa Jerry Ryan, lei pure americana, molto stimata nel suo lavoro e responsabile di un centro studi.

La comunicazione con gli esseri di natura è per me spontanea e sono quasi sempre in grado di attivarla volontariamente quando è opportuno. 

Molte persone comunicano spontaneamente, ma spesso non volontariamente: accade casualmente. Spesso le persone non sanno capire perché in quel momento c’è il contatto e come si è attivato. 

Non ci sono misteri da svelare, arti occulte o tecniche particolari da apprendere. 

Per comunicare con gli animali, o le piante, bisogna lavorare su se stessi, sulla propria consapevolezza. E’ un percorso individuale e interiore. 

Ho elaborato un mio metodo di comunicazione: Comunicazione naturale®.

Il mio metodo si basa sull’utilizzo consapevole e specializzato delle risorse naturali delle quali ognuno di noi dispone: i cinque sensi, la capacità di ascolto dell’altro, un particolare tipo di osservazione e così via. 

Gli animali, le piante comunicano perfettamente tra loro e con esseri di specie diverse naturalmente (non apprendono tecniche!): dobbiamo solo usare i medesimi canali che utilizzano loro!

Molti studiosi e ricercatori stanno approfondendo la comunicazione tra le piante e noi, tra noi e gli animali, persino tra noi e l’acqua! 

Quando ho l’occasione di divulgare i risultati di queste ricerche scopro enorme interesse tra le persone.

Si tratta in definitiva di essere consapevoli di ciò che (anche a nostra insaputa) in ogni momento accade intorno a noi.

Tutto ciò che esiste comunica.



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