“… e tu, che macchina hai?” Basta. BASTA.

Questa mattina l’ho sentita ancora una volta, una volta di troppo, quella frase assurda, illogica, odiosa: “Ti sembra morale spendere questi soldi per curare un animale, quando tanti bambini non hanno terapie sufficienti?”

La frase era riferita ad un animale anziano, malato di tumore, al quale il veterinario aveva fatto un elettrocardiogramma, necessario per valutare se sarebbe stato in grado di affrontare l’intervento chirurgico.

Non si trattava di acquistare un collare di pelle cucito a mano in Inghilterra, tempestato di diamanti. Si trattava di tentare di salvare la vita di chi tutta la sua vita aveva vissuto in famiglia.

Chi la pronunciava era un medico.

BASTA

Se non fossero odiose, ingiuste, ingiuriose verso gli animali definirei queste frasi ‘di una noia mortale’.

Sempre quel ritornello: l’ho sentito uscire persino dalla bocca del parroco della chiesa davanti a casa, mentre portavo a spasso Billy: “ Non bisogna dedicare troppa attenzione agli animali, anziché alle persone”. Era un frate francescano.

“San Francesco amava gli animali, parlava con gli uccelli…” gli rispondo “Non è vero” chiude lui, voltandomi le spalle.

I francescani non sono tutti uguali. Un altro frate della chiesa sorride sempre quando incontra il piccolo Billy; spesso si china a fargli una carezza. I medici non sono tutti uguali: alcuni fanno anche del volontariato, di quello autentico. Il volontariato non è andare in luoghi esotici per appagare il proprio ego o per frustrazione (che differenza c’è?), profumatamente retribuiti in denaro e visibilità sociale. Il volontariato è donare ad uno sconosciuto le proprio competenze, con amore, senza nulla chiedere e nulla ricevere. Il volontariato non è per tutti: è per i cuori grandi, che pulsano in silenzio. Il volontariato non sta sul palcoscenico, sotto i riflettori dei convegni e delle conferenze. Il volontariato è amore.

Gli animali sono capaci di amare e di donare in silenzio, senza chiedere riconoscimenti e onori. Gli animali donano anche quando noi non chiediamo. Gli animali donano anche la propria vita per noi. Le cronache sono piene di riferimenti, ma innumerevoli episodi rimangono sconosciuti, vissuti nel silenzio dell’amore. L’amore non ama il frastuono. Il cuore si confonde nel frastuono della folla plaudente. Gli animali amano, in modo incondizionato. Amano perché è nella loro natura donare a chi amano tutto ciò che hanno: anche la propria vita. Le cronache riportano molti fatti che lo testimoniano, ma nella maggior parte dei casi l’amore dona se stesso nel silenzio, senza strombazzamenti né riflettori.

Un medico dovrebbe conoscere l’amore, ma gli umani, si sa, sono molto imperfetti. Un messaggio televisivo che esorta a non abbandonare gli animali chiede provocatoriamente: “E tu, di che razza sei? Umana o disumana?” Un medico dovrebbe essere di razza umana, amare il prossimo e se fa del volontariato farlo silenziosamente, senza ricevere denaro, donando il proprio tempo e le proprie competenze a chi ha bisogno di aiuto ma non può pagare in denaro. I nostri animali di famiglia hanno bisogno di noi, a volte. Per lo più siamo noi ad avere bisogno di loro, ma quando si ammalano i nostri animali hanno bisogno di noi. Hanno bisogno che li si porti dal veterinario, che li si aiuti con le terapie necessarie, che li si sottoponga ad interventi chirurgici, se necessario. Che li si curi con amore e pazienza.

Qualche volta le persone non hanno risorse economiche da dirottare nelle terapie per i loro animali. Mi è capitato di ascoltare una vecchietta, al parco, piangere di dolore per non aver potuto salvare la vita della sua micia: non aveva avuto il denaro necessario per farla operare. Si scusava, cercava da me perdono, assoluzione per ciò che le sembrava un crimine orribile.

L’ho abbracciata con tutta me stessa. Deve essere stato terribile vedere la creatura che ami costretta a morire perché non hai il denaro necessario per curarla! Conosco veterinari che operano e curano gli animali a proprie spese, quando i proprietari non hanno denaro; peccato che quella signora non ne abbia incontrato uno. Non era questo il caso del medico in questione.

Bella casa in città, un’altra per la villeggiatura. Vacanze da sogno per sé e per la famiglia, viaggi… Due macchine, moto. Plurimi computer, macchine fotografiche… Tutto il necessario ed il superfluo per sé, tutto il necessario ed il superfluo per il proprio svago, Che male c’è? Guadagna bene, entrano due stipendi in famiglia. Il denaro è energia e deve circolare: entra, esce. Esce, ma per andare dove?

Il micio era entrato nella famiglia insieme alla sorella, quando aveva pochi giorni di vita. Era stato cresciuto con il biberon, dalla moglie. Aveva fatto fatica, lei, a convincerlo a tenere i gatti in casa: c’era un balcone che avrebbe potuto ospitarli… I mici erano ormai anziani, molto anziani. La sorella era malata ai reni, lui sembrava in buone condizioni, sino a quando il tumore si manifestò, orrendo. Ma le vacanze in India erano state prenotate, così rimase a casa. Forse un intervento immediato avrebbe deviato il corso del destino, gli avrebbe salvato la vita (una delle quattro o cinque che gli erano rimaste, perché qualcuna se l’era già giocata).

La vacanza in India durò più di un mese, poi ci furono altri ritardi nella decisione di indagare ed intervenire. Alla fine, la diagnosi e la proposta di intervento. Senza garanzie, di esito favorevole. Quindi la frase odiosa: “Ti sembra morale spendere soldi per il gatto, con tutti i bambini che hanno bisogno di terapie?” Quando la moglie mi riferì la frase, avrei voluto urlargli addosso tutto il mio disprezzo. A lui che aveva impallinato il micio qualche anno prima. Come? Sparando con un fucile a pallini di gomma ai piccioni che si appoggiavano sul suo balcone e ferendo per errore il gatto. Non se ne era nemmeno accorto! Risultò dalla radiografia prima dell’intervento. Che schifo! Non è morale spendere qualche centinaio di euro per salvare la vita, anche solo per tentare di salvare la vita di chi ti ha dedicato la sua per quasi quattordici anni.

“E tu, che macchina hai?”

Gli animali sono l’anello debole della società: non votano (pertanto non interessano ai politici), non dimostrano in piazza (perciò non scocciano nessuno). Gli animali non raccontano ai giornalisti le crudeltà di cui sono vittime, nei laboratori, nei canili lager, talvolta persino tra le mura domestiche. E’ facile prendersela con i più deboli, soprattutto quando non hanno voce. Ma noi, che conosciamo la verità e la voce l’abbiamo, abbiamo il dovere di parlare. Non contro qualcuno, bensì per aiutare qualcuno. Dobbiamo aiutare gli animali che hanno bisogno di cure ad essere curati: ne hanno diritto. Mettiamo uno specchio davanti al viso di chi pronuncia la solita, odiosa frase.

"E tu, che macchina hai?" vuole essere uno specchio.

Amici di Paco, n°37, luglio 2007
LA RIVISTA DEL FONDO AMICI DI PACO


 



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